martedì 24 aprile 2012

Still Life?


Prima o poi sarebbe dovuto succedere. 
Era inevitabile, prima o poi qualsiasi persona che scrive parole su pagine, che siano di carta o formate da bit è indifferente, prima o poi si finisce a parlare di se stessi. 
Penso che post del genere siano l'incubo di ogni blogger, ci vuole un attimo e si cade nel ridicolo o peggio ancora nell' autocommiserazione più sfrenata. Questo per il bene di chi legge ma soprattutto di chi scrive cercherò di evitarlo.
Allora partiamo dal titolo: Still Life. Still Life è la traduzione inglese del termine artistico "natura morta" cioè la rappresentazione pittorica (una volta) e fotografica (oggi) di ritrarre oggetti inanimati. La scelta del titolo "estero" e non quello della nostra lingua è evidente: Still Life tradotto letteralmente in italiano vuol dire Ancora in Vita, decisamente meglio di Natura Morta. Se penso ad una natura morta mi immagino ste cazzo di pere o di mele su sto cazzo di tavolo color legno, ferme li ad aspettare inesorabilmente la loro fine, che sia sotto forma di coltello o più semplicemente l'avvizzimento. Sembra più una natura condannata a morire che gia morta. Una natura predestinata. E non esiste niente che puo salvare la pera o la mela o l'uva, è inutile sono spacciate. 
Al contrario se penso a qualcosa ancora in vita mi immagino qualcosa che seppure menomato o quasi prossimo alla fine riesce ancora a combattere per non sparire o morire, come un pianta che emerge dall' asfalto oppure un rametto che cresce da un tronco tagliato. Qualcosa che sbraccia per emergere, per non cadere vittima di una realtà più grande pronto a schiacciarlo. Il significato delle parola è lo stesso cambia solo la percezione semantica e fonetica della traduzione stessa. Nella realtà delle cose poi la mela e la pera stessa non sono mica morte, anzi sono uno strumento per far crescere un nuovo albero o una nuova pianta, però l'idea che ne consegue dovuta al peso della parola stessa è quella di una situazione di decadenza. Tutto questo cosa a vedere con me? Beh io dei giorni mi sento come se fossi la mela sul tavolo altri giorni mi sento come il ramoscello che cresce. Per questo il ? dopo il titolo. Sono un depresso? Si probabilmente si, anzi penso di avere sbalzi di umore come tutti forse talune volte un pochino più accentuati rispetto alle persone che mi circondano. Allora sono una Natura Morta o sono uno Still Life? Dipende dalle situazioni in cui mi trovo, molto spesso anche una piccola soddisfazione, sia essa lavorativa o sentimentale o familiare o altro, basta per passare da un significato ad un altro della parola. Certe volte basta molto meno per sentirsi come la mela del quadro, di essere destinati ad un futuro triste, statico, senza alcuna possibilità di cambiamento. 
Certo è che un rimedio positivo a questa situazione potrebbe essere svegliarsi ogni mattina e imporsi di sentirsi SL e non NM, ma la correzione del prorpio stesso umore è un trucco che si impara dopo anni e anni di simulazioni mal riuscite. Gia fare un lavoro che piace e magari retribuito adeguatamente, in un ambiente coinvolgente e con orari umani cambierebbe la prospettive che uno ha di se stesso ogni giorno, ma al giorno d'oggi stiamo parlando di utopia. 
Quello che rimane da fare in quei giorni in cui vi sentite mele in via di essicazione è una cosa molto semplice: uscite. Andate in giro con gli amici, o con un amico, o anche da soli sperando di trovare delle persone con cui chiaccherare, trovatevi un hobby, fate del volontariato (nulla aiuta più una persona che si sente una Natura Morta di ritrovarsi ad essere utile a qualcun altro) passeggiare in una giornata di sole con l'ipod nelle orecchie fa benissimo, aiuta la circolazione e schirisce i pensieri, talvolta anche quelli più nebulosi e cupi. Si delle giornate fare questo è proprio difficile, nessuno lo sa meglio di me, ma se ci riuscirete una volta, la prima volta poi vi accorgerete le la cima della montagna è gia alle vostre spalle, e tutto quello che rimane è discesa. E vi garatisco che vi sentirete Ancora Vivi e non Dead Nature. 
Alan Cohen disse: "All limits exist only in the mind, and it is only in the mind that they can be overcome."

Che la Forza sia con Voi.




 

P.S. se qualcuno se lo chiedesse la foto l'ho scattata io.





domenica 15 aprile 2012

All *



Già, le Allstar. Premetto che non vuole essere un post polemico, ma solo un' oggettiva elucubrazione sull'evoluzione del concetto di scarpa di pari passo con la moda.
Quando ero ragazzino avevo le Allstar, sai che novità direte voi, è vero nessuna novità a parte che quando ero ragazzino io le All* costavano due lire, le trovavi al mercatino e te le tiravano praticamente dietro, last but not least è chi le indossava il vero argomento di discussione. Vedete le Allstar a quei tempi erano considerate le scarpe dei reietti, degli emarginati, dei poco di buono. Complice il look proveniente d'oltreoceano di fine anni 80, in Italia ovviamente arrivato un po dopo, che aveva creato tutto un movimento di sottocultura intorno a queste scarpe. Erano le scarpe dei punk, erano le scarpe dei metallari, erano le scarpe degli alternativi in generale, degli skater, dei surfer. Guardare un film sui ragazzi girato in California nella fine degli 80's e non trovare le Allstar... Impossibile! 
Avevano un look accattivante, suola di gomma bella leggera (chi ancora oggi ci cammina sulla ghiaia sa di cosa parlo), punta bianca ma soprattutto una miriade di colori. Poi all'improvviso di queste scarpe si sono perse le tracce, o meglio la moda mainstream le ha letteralmente lasciate indietro. Io non sono un esperto di Brand ne uno storico della moda, di conseguenza non so spiegarvi il meccanismo secondo il quale una scarpa viene ritenuta sorpassata, però da un giorno ad una altro le Allstar vennero considerate ormai come un prodotto del passato, un ricordo lontano di tempi che furuno, vestigia di un era oramai superata. Il loro valore commerciale scese ancora di più, in giro si vedevano addosso solamente ad alcuni nostalgici dei bei tempi che furono, la Converse stessa puntò su altri modelli più simili alle Adidas o alle Nike. Voi direte beh è la fine di un prodotto capita, tutto ha una fine. Sbagliato. 
Adesso non sono certo io quello che vi deve ricordare che il revival in campo della moda è una cosa assai diffusa, si potrebbe quasi dire che si inventa ben poco e si riesuma ben tanto, però un giorno qualche anno fa, mi pare fossi a Genova, mi sono accorto che le vedevo in giro ad acuni ragazzi molto più giovani di me, che quindi non potevano aver vissuto la loro espansione originale nella nostra penisola, e che le esibivano insieme ad un look non proprio da alternativo di fine anni 80. Ecco quel giorno ho realizzato che erano "tornate di moda", tutto questo dovrebbe farmi piacere... No per niente perchè se una volta erano le scarpe dei segregati, degli emarginati etc etc, quest'oggi sono diventate tutte l'opposto, sono le scarpe dei fighettini, delle ragazzine con il jeans firmato la borsetta e le Allstar rosa. Il loro prezzo di vendita è decuplicato rispetto al passato e i modelli disponibili sul mercato includono cose che farebbero impallidire perfino una manica di stilisti emergenti. Cose indicibili, con il pelo dentro, di pelle, con delle fantasie sopra che sembrano dei suicidi cromatici, di tartan e via discorrendo. 
In quel momento di quella primevera di alcuni anni fa ho avuto come un epifania, una sorta di rivelazione: sei diventata così cara la mia Allstar, be allora non sarai mai più la mia scarpa, non perchè ho la velleità o l'arroganza di sentirmi diverso da tutti, ma perchè non posso sottostare inerme alla rovina di una scarpa che aveva trasceso il suo ruolo e che era diventata portabandiera di un movimento sottoculturale. Le stesse categorie di persone che una volta ti guardavano male se le avevi ai piedi oggi stesso le sfoggiano con orgoglio. Da qua nasce il mio profondo rammarico che mi impedisce di ricomprarle e rimettermele ai piedi. 
Vi lascio con una piccola chicca di narrativa che dovrebbe essere uno sprone ad una riflessione più accurata sulla voglia dell'essere umano di omologarsi per farsi accettare da un determinato gruppo di suoi simili: David Foster Wallace in Infinite Jest diceva "Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri".

Così diciamo tutti.



 

mercoledì 4 aprile 2012

Lo Spirito nel Guscio


Si lo ammetto ho ceduto anche io.
Dopo anni di riflessioni interiori, di postulati su come sarebbe bello cercare di esprimere il mio pensiero in forma scritta, ho deciso che era giunta l'ora di cimentarmi in questa nuovo tipo di forma di comunicazione globale che da lustro al Web 2.0 così come lo conosciamo noi.
Gia l'idea di un blog per me è difficile da digerire, visto che fondamentalmente sono un timido e anche solo il pensare di poter postare un pensiero anche di poche righe la vedo come una violenza della mia psiche, però diavolo alla fine ho pensato: "cosa faccio su Faccialibro ogni volta che aggiorno il mio stato o pubblico un video???" beh ovvio esprimo un pensiero, un idea, uno stato d'animo, la frequentazione di un determinato luogo con determinate persone. Alla fine è una sorta di Bignami di quello che puo fare un blog, dove sicuramente a fronte di un piccolo impegno di tempo si puo riuscire a tracciare un quadro molto più completo rispetto a FB. Okay allora creiamo un blog. Bene primo stop: dove mi registro? Tumblr, Myspace, ce ne sono a palate di siti che hostano blog, la blogsphere è enorme... Poi siccome sono pigro e l'account Gmail ce l'ho da una vita ho scelto Blogspot. Okay fatto, Hi Francesco Welcome to Blogger. Bene stop numero due: al blog ci devi dare un titolo, eh si ti sembra facile a te .... Un titolo riassiume un libro intero o il contenuto di una canzone ..... Allora una sorta di epifania mi ha colpito. Tempo fa parlando con un amico al telefono ridevamo e scherzavamo di come avessi una propensione innata per tutto quello che possedesse un microprocessore ed un dispositivo di output (si sono un Nerd, che cosa pretendevate, uso Facebook, gioco ai MMORPG, impazzisco per il D&D, ho l'Xbox, vivo in una casa in mezzo a compenenti e schede madri, adesso ho anche un blog....), dicevamo ah si, beh io gli risposi che nella mia modesta conoscenza del mondo della tecnologia ritenevo che ogni circuito, ogni CPU, avesse un anima e che io ero in grado di parlare con quest'anima, di chiederle di funzionare, di sviluppare una sorta di legame tra me e la macchina che mi permetteva di capire qual' era il suo problema e cercare di risolverlo. Una sorta di spirito racchiuso in un guscio di silicio. Lo spirito nel guscio, lo spirito della macchina. L'ovvio richiamo alla fantascienza o al filone Cyberpunk è puramente voluto, sono cresciuto respirando Bradbury e Asimov, e sono maturato leggendo Gibson e Sterling, mescolando il tutto con qualsiasi cosa il cinema o gli anime potevano darmi (Ghost in the Shell e Matrix in primis). Allora ho deciso, se questo blog deve avere un titolo deve essere per forza questo: Lo Spirito nel Guscio.


Okay e anche il titolo è andato.... Il primo post pure.... Direi che abbiamo iniziato bene.

Lunga vita e prosperità.